Il diario di Marika

Consulente alla pari in allattamento ANTEPRIMA

Come vi ho già scritto nei precedenti post, venerdì partirà anche a Palermo un corso per diventare consulente alla pari in allattamento. Mi sono iscritta a questo corso piena di belle speranze e qualche piccola aspettativa, ma mi riprometto di scrivervi del corso e delle mie impressioni personali nonappena lo avrà finito, per adesso mi limito a condividere con voi le informazioni che ho riguardo alla figura della peer counsellor. Nel caso dell’allattamento, una “peer counsellor” è una mamma, con un’esperienza positiva di allattamento, che aiuta altre mamme nell’allattamento al seno.

Chi leggerà potrà pensare che la “consulente per l’allattamento alla pari” sia una specie di “maestra di allattamento” che “insegni” alle altre madri come si allatta. Questa idea è totalmente sbagliata, la consulente non insegna nulla, anzi, spesso dice alle persone cose che loro sanno già benissimo ma che a volte non sanno di sapere.

La figura della peer counsellor è riconosciuta dalla stessa Organizzazione Mondiale della Sanità, ed è citata ad esempio nella “Strategia globale per l’alimentazione dei neonati e dei bambini”: è indicata come persona preparata, al pari degli operatori sanitari qualificati e dei consulenti professionali in allattamento, per rafforzare la fiducia della madre nell’allattare, per migliorare i metodi di allattamento e a prevenire o risolvere eventuali problemi.

L’allattamento è la naturale prosecuzione di una catena di processi: il concepimento, la gravidanza, il parto. Siamo mammiferi: è così nel mondo animale, è stato così per millenni per l’uomo.
Negli ultimi decenni però si è passati dalla naturalezza e spontaneità di questi eventi al tecnicismo e “deresponsabilizzazione” delle mamme se non a un vero e proprio sabotaggio dell’allattamento naturale a vantaggio di quello artificiale.
L’allattamento è quindi diventato un gesto tecnico, con regole, orari, tabelle e tutto questo ha portato a un declino dell’allattamento al seno.

Sempre citando l’OMS, l’allattamento è definito “un metodo senza pari per fornire ai bambini un nutrimento ideale per crescere e svilupparsi in salute” però dice anche che “Per quanto si tratti di un atto naturale, l’allattamento è anche un comportamento appreso. In pratica tutte le donne possono allattare, purché abbiano le informazioni necessarie e siano sostenute dalla famiglia, dalla comunità e dal sistema sanitario.”
Comportamento appreso: sono poche le future madri che hanno già visto allattare una sorella o un’amica, quindi a molte manca l’esperienza – seppur indiretta – di un gesto che dovrebbe essere ovvio e istintivo.

La mamma e il bambino hanno bisogno dell’allattamento al seno e sono in grado di farlo. Per completarsi a vicenda e per completare il percorso iniziato con il concepimento. E le madri hanno tutte le risorse per riuscirci, sono dentro di loro. Ma come dicevo prima, appunto, tante volte non lo sanno.

Come si deve inserire una peer counsellor in questo contesto?

Il panorama che circonda una neomadre (e un neopadre) e il loro bambino è molto affollato: operatori sanitari (infermiera, pediatra, ostetrica), nonni, parenti, amici, libri, internet, corsi vari. E’ sicuramente un vantaggio rispetto a un tempo poter accedere più facilmente alle informazioni, solo che ora forse ce ne sono troppe. I genitori si ritrovano subissati di notizie, il più delle volte contrastanti, ma spesso con un denominatore comune: si tratta di regole fisse, prescrizioni, statistiche, metodi infallibili da applicare indistintamente a ogni bambino.

La peer counsellor deve entrare in punta dei piedi in questo panorama.

Deve innanzitutto ascoltare la madre, accettare ciò che pensa, creare empatia e non giudicarla per le sue scelte.
Questo è l’esatto contrario di ciò che avviene normalmente: solitamente la madre è esposta al giudizio e alla critica di tutti, qualificati o meno, e a pochi interessa come la madre si senta veramente e cosa provi.
Dopo questa prima fase la consulente deve aiutare la mamma a prendere la decisione che lei riterrà migliore per sé e per il suo bambino.

In alcuni casi è necessario fornire indicazioni più specifiche sulla gestione dell’allattamento, come nel caso di un ingorgo mammario o per assestare la produzione di latte. In generale però non è necessario riempire la madre di informazioni tecniche. Questo contribuirebbe solo ad aumentare la confusione e si creerebbe una gara a distanza tra quanto dice la consulente e quanto dicono gli altri, che sia il pediatra o la nonna, e andrebbe solo a danno di madre e bambino. Le informazioni date, devono essere solo quelle necessarie in quel momento, espresse in maniera più semplice possibile e comunicate sempre in maniera positiva, sottolineando quello che la madre fa già di corretto.

Un punto chiave è proprio quello di aumentare l’autostima e la fiducia in sé della mamma.
Poiché la consulente deve aiutare a fare una scelta, deve proporre soluzioni pratiche per risolvere la situazione e alla fine però sarà la mamma a fare la sua scelta.

In questo modo la madre acquista fiducia in se stessa e se vuole può provare le soluzioni proposte dalla consulente o trovarne altre di sue. Può essere che non scelga la soluzione migliore in assoluto o quella che sarebbe migliore per la consulente. Però lo avrà fatto consapevolmente e sarà frutto di una sua scelta, e non di quanto comandato da altri.
Una consulente non criticherà mai una mamma che ha “ceduto” al biberon, contrariamente a quanti molti pensano!

Rispetto a una Consulente Professionale in Allattamento Materno IBCLC (che esercita cioè il ruolo di consulente nell’ambito della propria professione: medico, ostetrica, psicologa eccetera, tant’è che anche un uomo può essere IBCLC) una “peer counsellor” ha conoscenze meno approfondite dal punto di vista tecnico ma la sua peculiarità sta proprio nel fatto che non è una professionista, è “semplicemente” una mamma (adeguatamente formata) e questo spesso rende più facile la comunicazione con le mamme che chiedono aiuto. Ci si sente più a proprio agio, non si ha la soggezione del “camice bianco”.

Ovviamente alcune situazioni molto particolari, che la la “peer counsellor” è in grado di riconoscere, devono essere gestite da chi ha maggiori competenze, specialmente in ambito medico.

Pur essendo una figura ancora poco conosciuta, ogni peer counsellor dà un piccolo contributo a sostenere l’allattamento al seno, a sostenere le mamme e i genitori nelle loro scelte personali per i figli, ognuno dei quali è unico e irripetibile.

Fonte: articolo di Sara Cosano, mamma, consulente per l’allattamento al seno per l’associazione Il Melograno di Treviso e membro di IBFAN.