Se la gravidanza si interrompe spontaneamente entro 180 giorni dalla data di inizio dell’ultima mestruazione , si parla di aborto spontaneo.
E’ un evento tutt’altro che raro: interessa quasi una donna su cinque e, nella maggior parte dei casi (85%) si verifica durante il primo trimestre di gravidanza.
Dal secondo trimestre di gravidanza (dopo la 18/20esima settimana) le probabilità di incorrere in un aborto spontaneo si riducono drasticamente.
Che cosa causa un aborto spontaneo?
Tra le cause più frequenti vi sono le anomalie genetiche dell’embrione, cioè alterazioni a livello dei cromosomi così gravi da compromettere le possibilità di sopravvivenza. Non ci si può far nulla è come se il corpo della donna “utoselezionasse” l’embrione e, piuttosto che portare avanti una gravidanza molto rischiosa, decidesse di fermarsi subito. Una sorta di “protezione naturale” per evitare di far nascere bambini con gravi malattie genetiche.
Altre volte, invece, l’aborto è determinato da gravi problemi di salute della madre, quali, ad esempio, malformazioni dell’utero, malattie cardiache o renali, tumori, malattie dell’apparato endocrino o del sistema immunitario, malattie infettive, stati di maltrunizione, abuso di sostanze stupefacenti o alcol e uso di farmaci pericolosi per il nascituro.
L’aborto spontaneo è completo quando si verifica l’espulsione simultanea dell’embrione e della placenta, oppure incompleto, se l’espulsione è parziale e ri rende quindi indispensabile procedere alla rimozione (mediante piccolo intervento chirurgico – raschiamento o aspirazione) del tessuto embrionale rimasto all’interno dell’utero.
Nel caso di aborto “interno”, la gravidanza si interrompe senza che compaiano segni o disturbi particolari, ma embrione e placenta (detti “materiale abortivo”) vengono trattenuti all’interno dell’utero.
Se si verificano 2 aborti spontanei consecutivi si parla di “aborto ricorrente” ed è consigliabile fare degli accertamenti utili a far emergere eventuali condizioni che predispongano la donna all’interruzione spontanea di gravidanza.
Aborto precocissimo (asintomatico):
presenza di geni alterati, anomalie cromosomiche, problemi legati alla produzione degli ormoni che servono a sostenere la gravidanza (progesterone e hCG), problemi da alterazioni del sistema immunitario.
Aborto precoce (fino a 12-14 settimane di gestazione):
anomalie cromosomiche dell’embrione o del feto o dei genitori (per esempio la sindrome di Down), malformazioni dell’embrione o del feto, malformazioni e deficit di sviluppo dell’utero, gravidanza multipla, presenza di fibromi uterini, diabete e malattie della tiroide, malattie infettive, alterazioni ormonali, problemi derivanti da alterazioni del sistema immunitario, aderenze presenti all’interno della cavità uterina, malattie acute febbrili.
Aborto tardivo (dopo la 14esima settimana di gestazione): condizione di anomala “apertura” del collo uterino (beante), gravidanza multipla, ipertensione arteriosa cronica di grave entità, malattie croniche renali derivanti dall’ipertensione arteriosa, malformazioni uterine, diabete mellito grave, sifilide, infezione da streptococco B e da altri batteri, malattie acute febbrili, malattie gravi della madre (per esempio il lupus eritematoso sistemico) o gravi alterazioni dell’emoglobina, rottura delle membrane non associata a collo dell’utero beante, gravi infezioni renali (pielonefrite), polidramnios (aumento del liquido amniotico) acuto, assunzione di farmaci antitumorali o storia di terapie a base di radiazioni.
Segni e sintomi
La minaccia di aborto si manifesta solitamente con la comparsa di sanguinamento vaginale o di perdite miste a sangue, talvolta associate a crampi addominali o a dolori al basso ventre / schiena.
La perdita (di rosso vivo, rosa o marrone) è di quantità variabile: da poche macchie a una perdita più abbondante, simile alla mestruazione, tale da riempire un assorbente.
Attenzione perché non tutti i sanguinamenti in gravidanza sono necessariamente sintomi di una minaccia di aborto. I sanguinamenti vaginali sono infatti piuttosto frequenti nelle prime 16 settimane di gravidanza e in alcune gestanti possono talvolta persistere anche fino al parto.
Si raccomanda sempre di consultare il proprio ginecologo al minimo dubbio.
Fonte: Enciclopedia “La tua salute” – Edizione Mondadori
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