Primi mesi

Il legame madre figlio

legame madre figlioIn tutti i mesi della gravidanza, non potevi pensare ad altro che a quanto ti saresti innamorata del tuo bambino.

Ecco perché sei rimasta così sorpresa quando hai avvertito quella prima fitta di risentimento. Forse è stato mentre urlavi dal dolore in sala parto, o pochi giorni dopo, quando i tuoi capezzoli erano talmente rosicchiati da essere irriconoscibili, o qualche settimana dopo, quando non riuscivi a fermare il fiume di lacrime tuo o del bambino. O forse quello che provi è più ambivalente: non che non ti importi del tuo bambino, ma forse ti manca la tua vita di prima e non sei sicura che il cambiamento meriti davvero tutta questa fatica.

Il fatto è che l’amore a prima vista è una specie di mito materno per molti di noi. Le generazioni di genitori che ci hanno preceduti probabilmente se ne sono accorte, ma alcuni ricercatori negli anni 70 ci hanno mandati alla deriva introducendo la teoria secondo cui mamme e neonati dovevano trascorrere le prime 24 ore a stretto contatto fisico per creare un vero legame emotivo.

Le prime ripercussioni di questa teoria sono state abbastanza positive:

  • Meno anestesia in sala parto (molte mamme dormivano o erano troppo intontite per partecipare all’evento prima di questa nuova teoria)
  • Padri improvvisamente accettati e benvenuti in sala parto
  • Possibilità di rimanere in ospedale qualche giorno
  • Riscoperta dell’antica arte dell’allattamento al seno.

Tutto ciò era fantastico, a meno che tu non fossi la mamma sfortunata cui strappavano il bambino per qualche problema di salute, lasciandoti sola a sentire che il momento di creare il legame con tuo figlio ti era stato rubato per sempre, impedendoti di essere la madre che avresti potuto essere.

L’idea che il rapporto di una vita debba dipendere da ciò che succede nelle prime 24 ore di vita ora ci suona ridicola, ma all’epoca molte neo mamme ne subirono eccessivamente gli effetti. Pensiamo a cos’altro stava succedendo: Il movimento femminista stava ribaltando completamente la vita delle donne, a cui si iniziava a dire che potevano essere e fare tutto ciò che volevano, ma poi, una volta capito dove volevano andare, trovavano comunque molte porte sbarrate. Ecco un’altra opportunità mancata da dover affrontare.

Dopo una generazione e dopo colpe attribuite alle persone sbagliate, la teoria del legame in sala parto ha trovato la posizione che le spetta nel cestino dei rifiuti delle tradizioni legate alla maternità. Sappiamo tutti che si tratta di una sciocchezza, eppure molte neo mamme continuano a sentirsi inadeguate quando hanno pensieri non perfettamente amorevoli nei confronti dei loro bambini.

Ma noi siamo qui per dirti che devi farci l’abitudine. E’ perfettamente normale avere sentimenti contrastanti, non solo durante le prime settimane e i primi mesi, ma per tutta la sua infanzia, quando tuo figlio si trasformerà da creatura della notte in folletto dispettoso o bambino dell’asilo che dice le parolacce o scolaro che colpisce i compagni con la fionda… E indovina un po’? Neanche il tuo piccolo sa bene cosa provare per te. Deve attraversare parecchi processi mentali prima di collegare definitivamente la voce, l’odore e il sapore della mamma al fatto che la pancia smette di fargli male se tu sei vicino a lui. La creazione di un legame è un processo reciproco, e poi c’è il papà che cerca di farsi dare un passaggio lungo la strada. Ci vorrà un po’ prima di trovare il percorso giusto.

Allenta un po’ le redini

Devi sopportare tutti quei disagi postpartum, gli ormoni in subbuglio, una casa che è un disastro, troppa compagnia ma aiuto insufficiente, e un bambino che non sa chi è, dove si trova o cosa vuole. Cerca di inserire il pilota automatico e impara le basi della cura dei bambini un passo alla volta.

In realtà, sono quelle semplici azioni (ok, non semplici come sembrano) quali cambiare il pannolino e allattare, tenerlo in braccio e cantargli la ninnananna che favoriscono il legame madre-figlio. Quando rispondi ai suoi bisogni, lui impara delle cose su di te e scopre che tu sei il suo universo. Il suo senso di sicurezza cresce mentre sviluppa l’aspettativa e la consapevolezza che ogni volta che ha fame o è stanco, tu saprai sempre cosa fare per farlo stare meglio.

Ovviamente non sempre ti sembrerà di sapere cosa fare, ma anche tu stai imparando, proprio come lui. Prova a pensare alle prime volte che uscivi con il tuo partner: eri nervosa per ogni cosa, da quello che dovevi mangiare al ristorante a quello che dovevi dire durante la partita di calcio. Eppure siete ancora insieme dopo tutti questi anni. E sarà lo stesso con il tuo bambino, e non gli importerà il tuo aspetto appena alzata dal letto, l’importante sarà poter accedere facilmente al tuo seno.

Quando un bambino diventa "attaccato" (un altro termine un po’ più clinico per indicare il legame madre-figlio), si sente sicuro nella sua relazione con te, perché sa che sarai sempre lì per amarlo e proteggerlo e rispondere ai suoi bisogni. E questo, stai tranquilla, succederà indipendentemente dalle scelte che farai al momento della poppata, del sonnellino e di molte altre cose. Ci sono molti modi per creare un legame, e tu hai l’intelligenza, l’istinto e l’amore per crescere e unirti al tuo bambino nel modo migliore per te.

E il papà?

Una volta, i papà camminavano avanti e indietro davanti alla sala parto in ansiosa attesa che il dottore uscisse dalla porta per annunciare l’arrivo di un maschietto o una femminuccia. La convinzione dominante in quei giorni – e in fondo non era molto tempo fa – era che i primi mesi e i primi anni appartenessero alla madre. I padri legavano quando era il momento di fare la lotta o imparare ad andare in bicicletta. Molto è cambiato da allora, per prima cosa il fatto che i padri ora vogliono (e ci si aspetta da loro che abbiano) un ruolo più importante fin da subito.

Il legame si può e deve crearsi anche fra padre e figlio. Eppure i papà ancora oggi devono affrontare problemi simili a quelli dei loro padri e nonni. Certo, ora gli uomini si prendono il tempo per essere presenti durante le visite prenatali, per comprare l’occorrente per il bambino e per prepararsi al travaglio insieme alle partner. Ma gran parte di loro torna subito al lavoro pochi giorni dopo la nascita del bambino. Benché il Family Medical Leave Act (la legge che permette di assentarsi dal lavoro per motivi sanitari dei membri della famiglia) sia stato varato più di dieci anni fa, sappiamo tutti che l’idea che un uomo si prenda un periodo di paternità è ancora un tabù in molti ambienti di lavoro. Quindi è comunque facile che il papà si senta escluso.

Nei primi mesi, una delle cose più importanti su cui ti dovrai concentrare sarà quella di aiutare il papà a far parte della vita del bambino. Questo ti sarà d’aiuto su molti fronti: ovviamente riceverai più aiuto e più spesso; inoltre, più sarà forte il legame padre-figlio, più sarà facile per lui capire e rispondere ai bisogni del bambino. Ecco alcuni consigli per agevolare questo processo:

Lascia che ti aiuti. Ti sembrerà un ossimoro visto che effettivamente hai un disperato bisogno di aiuto, ma per quanto a volte ci sentiamo inadeguate, siamo di solito sicure di poterci prendere cura del bambino meglio del nostro partner. La spiegazione è semplice: poiché di solito i papà sono al lavoro mentre tu sei a casa in maternità, non potranno mai essere in sintonia con il bambino quanto lo sei tu per quanto riguarda il momento di mangiare, fare la popò e dormire. Quindi, spiegagli i passaggi (cambiare il pannolino, fare il ruttino, cullarlo) e trattieniti dall’intervenire a sistemare le cose quando fa confusione (e lo farà). Dopo tutto, un pannolino un po’ storto è comunque meglio di uno sporco. E probabilmente tuo figlio si divertirà a sentire la telecronaca di una partita di calcio tanto quanto sentire la tua voce che gli legge la favola della buona notte.

Se la sua curva di apprendimento sembra faticosa, va bene rallentare un po’ le cose (credici: non gli importerà). Insegnagli a mettersi il marsupio, ad esempio, e lascia che si senta libero di andare in giro con il bambino senza doversi preoccupare di tenergli la testa. Poi mostragli che con il bambino nel marsupio si possono fare parecchie cose, rastrellare il giardino o piegare la biancheria, ad esempio. Cullarlo è un altro compito a prova di stupido. Non potrà fare molti danni, a patto che non lo faccia cadere. E il piccolo imparerà a riconoscere l’odore del papà, e il suo petto potrebbe dimostrarsi un buon sostituto al tuo nel passaggio alla fase successiva.

Vattene spesso. Sì, hai capito bene. Vale a dire ogni due o tre giorni, per tutto il tempo che riuscirai a non far eruttare il tuo seno. Se non lo fai, il tuo bambino imparerà a identificare le tue braccia amorevoli (e tutte le altre tue appendici) come il centro dell’universo, e tuo marito si perderà nello spazio infinito. Per recuperarlo, avrà bisogno di molto tempo da solo col bambino, cosa che riesce meglio quando la mamma è lontano dalla vista e dall’olfatto. Se è dura allontanarti, consegna il bambino al papà e scappa. Veloce. I lamenti e il digrignare dei denti (sì, del papà) non dureranno a lungo, e entrambi saranno obbligati a collaborare per riuscire a cavarsela senza di te.

Dando loro del tempo – e a te stessa e al bambino il modo di conoscervi meglio – si creerà quel legame che le teorie degli anni 70 si sognavano a malapena.

Dal libro: The Babytalk Insider’s Guide to Your Baby’s First Year: Expert Advice That Tells It Like It Is-Plus the Secrets that Nobody Else Reveals, dagli editori di Babytalk Magazine.