Primi mesi

Quante volte…

Oggi molte mamme si chiedono quante volte dargli il seno (o il biberon), quando e come consolarlo, se sia giusto o no prenderlo in braccio mentre piange, dopo quanti minuti intervenire se si sveglia nel cuore della notte, se e fino a quando sia opportuno concedergli una o più poppate nelle ore piccole… E così via: una marea di “se” ai quali si vorrebbe trovare delle risposte universali, che si adattino a tutte le situazioni, un’orda di dubbi che si presumono risolvibili con regole rigide e istruzioni magari quantitative (tanto per non correre il rischio di sbagliare) possibilmente dettate da esperti di indiscussa autorevolezza.

Peccato che i manuali, se questi temi, diano indicazioni discordi, giustificate o da obiettivi molto pratici (per esempio, “farla finita con le notti in bianco”, magari senza tenere nel dovuto conto anche le esigenze del bambino) o da teorie che hanno ben poco di scientifico (e suona invece come l’eterno ritorno di logori luoghi comuni quali: le poppate notturne sono solo un capriccio; abituare un bambino equivale a viziarlo, e così via).

Oggi sappiamo che la risposta ai bisogno primari del neonato è anche il canale privilegiato dell’affettività e il motore dello sviluppo cognitivo, in un processo di crescita che ha la complessità di un mosaico. Ecco perchè nella prima infanzia la sollecitudine materna, la sua disponibilità ad accogliere ed esaudire con prontezza e dolcezza le richieste del figlio non vuol dire viziarlo, bensì creare i presupposti della sua autocoscienza e autostima, regalandogli un fondamento di sicurezza che si rivelerà prezioso per l’armoniosa costruzione futura della sua personalità.

Per lo stesso motivo, non ha senso nutrirlo con l’orologio alla mano, nè farlo attendere inutilmente fino a suscitarne il pianto: non è solo il processo naturale dell’allattamento a richiedere l’assiduità del contatto ma anche l’esigenza di favorire l’evoluzione intellettiva ed emotiva dei primi mesi con stimoli di qualità, che solo una relazione attenta e amorevole può dare.

Il legame si struttura proprio in base alle specifiche modalità con cui ogni mamma decide via via di rispondere ai molteplici appelli del suo bimbo, a partire dalla fame e dal pianto, passando attraverso mutevoli segnali di irritazione, nervosismo e talvolta disagio, per arrivare alle manifestazioni di interesse, curiosità, desiderio di coccole o voglia di gioco.

Tratto da: “Non leggete libri per crescere i vostri bambini

Per farti una tua idea di come uno stesso argomento possa essere visto da due punti di vista completamente diversi e discordanti, potresti leggerti:

Fate la nanna” di Eduard Estivill
e
Besame mucho” di Carlos Gonzales

Personalmente non credo abbia senso quanto riportato in “Fate la nanna” ma, in ogni caso, raccomando la lettura del secondo.