Mattia, il nostro bambino di otto anni, è socievole e sereno. Da qualche settimana ha ripreso a bagnare il letto la notte, cosa che aveva smesso di fare anni fa. Da che cosa dipende? Noi cerchiamo di non dare peso alla cosa con lui ma siamo un po’ preoccupati. Premetto che a scuola ha buoni risultati.
Più che una malattia, l’enuresi notturna è un disturbo che colpisce il 10 – 15% dei bambini intorno ai 5 – 6 anni. Per poter diagnosticare che Mattia ne soffre, occorrerebbe tenerlo sotto osservazione per un periodo minimo di almeno due settimane, con una frequenza di almeno 3 volte la settimana, anche se, secondo alcuni autori, il periodo di osservazione dovrebbe protrarsi per un paio di mesi.
Poiché dalla richiesta sembra emergere che vostro figlio abbia da molti anni acquisito il controllo degli sfinteri e dunque superato la fase “fisiologica” dell’enuresi (anche se sarebbe utile sapere esattamente quando ciò sia avvenuto), il fenomeno non è attribuibile a enuresi primaria, ovvero dipendente da un ritardo della maturazione della vescica oppure da un’insufficienza ormonale (dell’ipofisi).
Se fa ancora la pipì a letto, due le ipotesi: la prima, medico-sintomatica, ovvero che Mattia abbia contratto un’infezione urinaria o che il fenomeno reiterato possa persino essere il sintomo di alcune altre patologie; la seconda è di stretta competenza psicologica. Essa potrebbe indicare che Mattia è soggetto ad un forte stress – la nascita di un fratellino o di una sorellina o altri motivi che ne offuscano le giornate, in casa, a scuola e nei rapporti interfamiliari o nell’ambiente scolastico -. Il bimbo riesce a tenere sotto controllo queste ansie nel corso della giornata, mentre, nel momento del sonno, si rilassa e dà “sfogo” alle sue paure. Una modalità di regressione attraverso la quale Mattia lancia un inespresso S.O.S.: “Mamma, Papà – vorrebbe dirvi – mi sento troppo piccolo per affrontare una certa situazione!”
Va, dunque, monitorato il suo quotidiano, in casa e fuori dalle mura domestiche, intensificando, nel contempo, il dialogo e le rassicurazioni con una più duratura presenza dei genitori al suo fianco: il fenomeno è, a modo suo, un grido di aiuto che potrebbe persino rivelarsi la sua maniera di dirvi che si sente gravato da uno sforzo stressante per mantenere costanti le performance scolastiche.
Fonte: Dott.ssa F.Daddulo, pediatra dell’infanzia
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